Monitoraggio della qualità dell'aria ed effetti del lockdown nella provincia di Cuneo
Come ogni anno a partire dal 2002, quando è stato attivato in Piemonte il Sistema Regionale di Rilevamento della Qualità dell’Aria, il Dipartimento Arpa di Cuneo fornisce un’analisi dei risultati prodotti dalle stazioni presenti nel territorio provinciale.
Il 2020 è stato un anno molto peculiare. Da un lato le condizioni meteorologiche sono state particolarmente sfavorevoli alla dispersione degli inquinanti, dall’altro le misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 hanno causato una variazione delle attività antropiche improvvisa e una riduzione delle emissioni dei settori traffico e industria. Per tale motivo nella relazione, oltre alla consueta relazione sui dati dell’ultima annualità completa, è presente un capitolo dedicato agli effetti del lockdown sulla qualità dell’aria della provincia di Cuneo per il periodo compreso dal marzo 2020 all’agosto 2021.
L’analisi dei dati della qualità dell’aria della provincia di Cuneo del 2020 e dei primi otto mesi del 2021, condotta per gli inquinanti tutt’ora problematici per la salute umana, evidenzia come gli ossidi di azoto misurati dalla rete di monitoraggio della qualità dell’aria hanno registrato riduzioni significative in tutte le stazioni urbane, ed hanno raggiunto la riduzione più importante nel mese di aprile 2020, quando sono diminuite del 47-58% rispetto al periodo di riferimento (anni 2016-2019).
Per le polveri sottili le variazioni sono state nel complesso limitate a causa dell’importante influenza che le condizioni meteorologiche continuano ad avere sui livelli delle polveri sottili. Le concentrazioni mensili del rame (tracciante del traffico) presente nel PM10, denotano tuttavia una riduzione del contributo del traffico veicolare alla frazione primaria delle polveri sottili.
Per comprendere la scarsa riduzione delle concentrazioni del PM10 riscontrata con il lockdown, occorre innanzitutto ricordare che il particolato atmosferico è in parte di tipo “primario”, immesso direttamente in atmosfera, ma per maggior parte di tipo “secondario”, prodotto cioè da trasformazioni chimico-fisiche che coinvolgono diverse sostanze, dette “precursori”, quali ammoniaca, ossidi di azoto, biossido di zolfo e composti organici volatili. Durante il lockdown, la frazione primaria, se da una parte ha avuto una riduzione dei contributi del trasporto stradale e delle industrie, dall’altra ha avuto un effetto di aumento del contributo del riscaldamento, legato al maggiore fabbisogno energetico in ambito domestico. Siccome il riscaldamento (in particolare a biomassa) nei mesi freddi dell’anno rappresenta il contributo principale alle emissioni di particolato primario PM10, la situazione è rimasta praticamente invariata dal punto di vista emissivo fino alla prima metà di aprile 2020.
Relativamente alla frazione secondaria del particolato, il fatto che l’ammoniaca non abbia subito variazioni per l’assenza di restrizioni alle attività del settore agricolo-zootecnico, insieme alla mancanza di riduzione dei composti totalmente o parzialmente secondari riscontrata dalle analisi condotte sul particolato campionato dal progetto Life PrepAir21, fanno ipotizzare che durante il lockdown i precursori siano stati presenti in quantità sufficiente a sostenere la formazione di particolato secondario.
La relazione comnpleta in cui vengono presentati i principali risultati è qui disponibile.